L'ottu di Dicembre...

A Storia Nustrale

A dicia Pasquale Marchetti, ind'un Prefaziu, nant'à u librettu "Corsica 9000 ans d'histoire", quillu chì riflette una cria sopra à l'attuale situazione di a Corsica, ùn li pò sfughje ch'ella hè stata a cultura a più inghjuliata. In particulare a lingua, chì permette a cuntinuità di u populu, è a storia chì assicura a cunniscenza di sè stessi.

Lingua è storia, infatti, sò i testimoni più fidi di l'esse corsu. Tantu l'una chè l'altra puntellanu l'identità è a persunalità. Forse sarà per quessa ch'elle sò state spessu è vulenteri nigate o mascherate... Pasquale Marchetti accertava dinò chè a storia di casa và detta à parolle casane. L'autore di "Corsica 9000 ans d'histoire",Ghjiseppu Leoni (Edizioni Cirnu è Mediterraniu - 1984 - ), dicia in introitu, a Storia hè a mimoria d'un populu, a lingua ne hè l'anima. U corciu, u populu senza storia è à lingua in prestu !

Hè per quessa chì tuttu ciò chì pò ghjuvà à a cunniscenza o à un travagliu nant'à a storia nustrale, ancu usendu avvenimenti cummemorativi hè una bona cosa.

L'ottu di Ghjinnaghju di u 1735

Da u 6 à l'8 di ghjennaghju 1735, una cunsulta generale di e pievi in rivolta, cuncolta in Orezza, dichjara l'indipendenza di u Regnu di Corsica è rompe tutte e rilazioni cù a Republica di Ghjenuva. Un' essenduci rè, a curona di Corsica hè dedicata à a Vergine Maria. Ghjacintu Paoli, Luigi Giafferi è Andria Ceccaldi sò eletti capi di regnu per direge un guvernu di 12 ministri. I deputati di e pievi sò incaricati di vutà e legi d'un novu codice, previstu per rimpiazzà i statuti ghjenuvesi, è l'avucatu Sebastianu Costa hè incaricatu di scrive una custituzione naziunale.

Ma l'accordu ùn hè perfettu frà Paoli, Giafferi è Costa, frà Costa è Aitelli, nè mancu frà e pievi nè fra u populu. Sia per paura di l'inforse, sia per interessu propriu, parechji principali temenu l'indipendenza è fermanu fidi à Ghjenuva, ind'a Rocca, Verde, Campulori, Tavagna, Balagna. Ciò chì face nasce nimicizie è crimini. Spessu, l'armata naziunale deve intravene per impone l'ordine è sottumette i cuntrarii.

Ghjenuva spera di prufittà di u disordine per ripiglià a suprana cù l'àiutu di qualchi principale fidatu ma soprattuttu fendu u bloccu ecunomicu è militare di l'isula.

Così si spiega u ghjunghjiticciu, Teodoru, barone di Neuhoff, aspitattu com'è u prufetu. Da veru stu furesteru riesce à stringhje l'unità naziunale corsa.

Quistu hè dinò un'altru capatoghju, pò dassi, com'é quillu di a cunniscenza di e date di a storia, di l'Ottu di dicembre par un dettu, micca cunisciute, oghje, à l'incuntrariu di u numaru di u ghjurnalu "La République" di u 16 di dicembre ma in u 1900 ! parchì ?

Travagliu fattu incù a classa mediterrania siconda Fesch -

8 di dicembre 2001 -

 

[...]14° Vi sarà il Magistrato delle monete, col medesimo titolo, di quattro soggetti.

15° Vi sarà un commissario generale e quattro tenenti generali ; le milizie ed ufficiali dipenderanno da loro per eseguire gli ordini del Consiglio di guerra.

16° La giunta farà un codice di leggi per tutto il Regno.

17° Vi sarà un cancelliere, o guarda-sigilli della giunta per i decreti che lui sottoscriverà.

18° La giunta darà le patenti dal primo sino all'ultimo ufficiale, senza di che non può esercitare carica, sotto pena di morte.

19° Ogni membro della dieta nominerà un auditore che si nominerà di patente come sopra.

20° Vi sarà un Magistrato di segretari di Stato di due soggetti col titolo d'Illustrissimo, per vegliare alla pubblica quiete, traditori, sospetti, col potere di fare processi secreti e condannarli.

21° La facoltà di nominare soggetti, tanto per la dieta generale che per la giunta, sarà partecipata a'tenenti generali, che per motivi legittimi non saranno potuti intervenire a questa assemblea.

22° Il Signor Carlo Raffaelli sarà presidente al suo ritorno, come pure Luigi Ceccaldi sarà tenente generale.

Deve notarsi che li titoli di Serenissimo ed Altezza Reale mai furono usati, segnati però cosi che li Genovesi vedessero doversi alla Nazione.

46. -- Altre leggi emanate per la quiete del Regno.

Ecco qual sistema di governo si diede la Nazione. Cambiato il nome, è lo stesso della Repubblica di Genova, in tutte e ciascuna delle sue parti. La data è del 30 gennaio. Come poi fu ordinato di fare un codice di leggi (n° 45), queste pure furono emanate nello stesso Congresso e sotto la data medesima a cui nullameno vi furono delle aggiunte come vedremo in altra consulta. Le prime leggi si pubblicarono nella seguente maniera (V. F. O. D. A. S.) :

Andrea Ceccaldi e Don Luigi Giafferri, generali sopra il Regno di Corsica..

Conoscendo Noi la necessità che questo Regno tiene di nuove leggi per tenere in freno la sfrenata licenza degli abitanti, che vedutisi esenti dalli fulmini delle leggi, che doveano scaricarsi sopra li trasgressori delle medesime, per l'incuria di chi sin qui ne ha avuta la cura di amministrarlo, il che ha dato l'impulso alle presenti commozioni e rivolte che hanno costituito uno stato troppo sciolto, in cui è sufficiente motivo di temere di sconcerti e trascorsi in ordine ad omicidii, ferite, furti, violenze, ed altri danni che puonno mettere in desolazione deplorabile questa povera isola, e desiderando noi di andare al riparo di simili inconvenienti che puonno seguire, per ridurle in miglior forma, e far godere un'ottima tranquillità a tutti gli uomini del Regno, perciò siamo venuti in determinazione delle seguenti leggi, quali vogliamo che siano intieramente ed inviolabilmente osservate ; onde ordiniamo e comandiamo a tutte le persone di qualsivoglia condizione e stato, dove saranno le presenti pubblicate, che le debbano dare la dovuta ed intiera osservanza, e che tutti gli ufficiali nostri nei loro rispettivi luoghi ne debbano intendere prontamente all'esecuzione in caso di trasgressione. E perchè alcuno non abbia a scusarsi d'ignoranza, vogliamo che le presenti siano pubblicate in tutti i luoghi delle giurisdizioni a noi soggette per pubblici notari, a' quali ne incarichiamo la pubblicazione, alla pena della sospensione dal notariato ed ogni altra a noi arbitraria. "

Seguono le leggi :

" 1° Che tutti quelli che commetteranno furti col danno ascendente alla somma di lire cento, debbano essere castigati colla pena della vita, e se succederanno da cento in giù, deb-[...]

Bulletin de la Société des Sciences Historiques et Naturelles de la Corse. "Osservazioni Storiche sopra la Corsica" dell'abbate Ambrogio Rossi. Livre 6 - Ni 45-46 - (ANN.1731) publié par l'abbé Letteron. Bastia Imprimerie et Librairie Ollagnier (1898). pp. 86 et 87.

[...] partire, se quanto prima non v andava il nuovo Commissario generale (V. F. 0. D. A. S.). Presentando lo stato degli affari accusavano sempre i capi della Corsica che ne impedivano la buona riuscita : 1° seducendo i popoli colla lusinga di aiuto straniero, o per essere liberi, o almeno onorati di sua protezione ; 2° in conseguenza di mai fidarsi a' Genovesi, siano anche togati, non avendo altra mira che di gabbare con promesse e cosi tenere schiava la Nazione ; 3° perciò proibito l'accesso ai presidj, specialmente a Bastia, per non aver luogo di trattare coi medesimi Commissarj. Erano queste le accuse che si davano ai capi, per cui quei Signori diceano non farsi caso da' popoli di loro medesimi, onde, per decoro del Principiato, era di tutta necessità inviare il successore. Così scrivendo, soleano annunciare la cosa stessa ai principali, o Bastiesi, o anche dell'interno, geniali però del Principe, ma come in aria di sdegno e minaccia contro il maltalento dei Corsi, li quali non sapeano approfittarsi dell'indulgenza del Governo, e volessero attendere il flagello sopra di loro.

A ben pensarlo, era ciò che voleano i capi medesimi, vale a dire, che li Signori togati lasciassero il Regno senza aver guadagnato un palmo di terreno, non che persona alla divozione del Principe, sicchè poteano dirsi combinare insieme, sebbene con altro fine. Anzi li capi della Nazione per dare la spinta più presto alla partenza di quei Signori e togliere in conseguenza l'occasione a' rispettivi popoli di essere inquietati dagli emissarj continui di andare o spedire a Bastia, almeno per sentire e vedere, si decisero ad operare con tutto il fervore, sia con ostilità verso i nemici, sia con dare de'regolamenti di governo e pubblica quiete. A tale oggetto, nel gennaio di questo anno (1735) ( V. F. O. D. A. S. ), fu chiamata Consulta a Corte, e nella medesima furono emanate varie deliberazioni, che in sostanza possono dirsi rinnovate dalle antiche (lib. 6) fatte nell' altra rivolta, compresa qualche aggiunta, per esempio, di stampar moneta, l'abolizione non solo del Governo genovese, ma anche del nome, brucciando tutti li statuti e leggi del medesimo. Anche nel preambolo fu aggiunto, oltre la protezione di Maria Santissima, sotto il tilolo dell' Immacolata Concezione, il Patrocinio delle avvocate Santa Devota e Giulia, vergini e martiri. Le stesse deliberazioni si pubblicarono gli otto dello stesso mese. Parimente fu preso in vista il medesimo (lib. 6) progetto "per regolarsi e risolversi per li vantaggi del Regno " (V. F. O. D. A. S.). Già dissi che l'autore inclinava per rompere apertamente colla Repubblica, e quindi si vedeano tutti li ripieghi per mai più conciliare le due nazioni al comune vantaggio e decoro.

In tale circonstanza, Giacinto Paoli, come capo di Consulta, pronunciò un discorso di apertura con tanta energia che fini di decidere quella adunanza a più esser fermi nell'intrapresa rivolta. In tutto viene egli a dimostrare l'infedeltà della Repubblica contro la Corsica (V. F. O. D. A. S.). Egli comincia dall'arrivo del Wirtemberg, e segue sino a quel punto di loro unione per il bene della Patria, sempre mostrando li strattagemmi de' Genovesi, cosi in Corsica che in Genova, Milano e Vienna,non per il bene della Nazione, ma di sempre più opprimerla, avvilirla e tenerla schiava. Due cose specialmente fecero la massima forza ed impresione nei consultori ed altri nazionali ivi occorsi : 1° Che il Senato avesse impiegato 85, 000 genuine in Vienna per brigare il gabinetto Cesareo ad oggetto di disporre liberamente de' 4 capi (n°5), non potendo evitare la garanzia ; 2° che la nota de' proscritti, che diceva di avere lui stesso alle mani, era di 2,000 e tutti principali de' paesi, col nome di capi e fautori della ribellione. Queste due note, come dissi, assieme a varj fatti che non poteano negarsi, poichè pubblici e notorj, occasionarono la massima indegnazione in quell'adunanza, e fu più che mai stabilita l'unione nazionale di mai cedere a' Genovesi, e di persistere a difendere la propria patria dell'oppressione. [...]

Bulletin de la Société des Sciences Historiques et Naturelles de la Corse. "Osservazioni Storiche sopra la Corsica" dell'abbate Ambrogio Rossi. Livre 7 - N° 41 - (ANN.1735) publié par l'abbé Letteron. Bastia Imprimerie et Librairie Ollagnier (1898). pp. 122 et 123.

 

 

 

6 -8 janvier 1735 : cunsulta d'Orezza

Du jeudi 6 au samedi 8, consulte dans le couvent des pères franciscains réformés d'Orezza. "Ce couvent, construit au XVIIe siècle, aujourd'hui en ruines, se trouve à cinq cents mètres du hameau de Pastoreccia." (note de Renée. Luciani).

"Comparvero da tutte le parti i Patritj, ed i Popoli chiamati a consulta." De tous côtés affluèrent les patriciens et les peuples appelés à la consulte.

A cette mémorable "Consulta", sur l'initiative de G. Paoli, l'avocat juriste Costa, "après avoir médité deux heures de temps, commença à écrire les propositions suivantes... doppo lungo pensar di due ore comminciò a scrivere le seguenti Proposti..." Memorie riguardanti il Rè Teodoro, Costa, traduction Renée Luciani.

"Ces "Propositions", ajoute Renée Luciani dans son édition critique, traduction et notes des Mémoires de Sebastiano Costa, 1972, vont être votées : elles deviendront les "Chapitres", c'est-à-dire les articles d'une constitution, ou des statuts. Ces articles décevront sans doute les historiens : la "Constitution corse de 1735" n'est donc autre chose que les quinze articles déjà connus grâce aux "Mémoires" de l'abbé Rostini. Mais Rostini a suivi Costa, source sûre, et il n'avait jamais entendu raconter qu'il y avait eu une consulte à Corte le 30 janvier 1735. Il se serait empressé, comme il le fait plusieurs fois pour de petits détails, de relever un oubli de cette taille. C"est donc qu'il n'y a pas eu de consulte à Corte le 30 janvier. En effet, dès le 8 janvier au soir, à Orezza, les primats qui viennent d'être élus se séparent. Ils vont bientôt être en froid."

Voici la teneur, résumée, de ces quinze articles

I. L. Giafferri, G. Paoli et A. Ceccaldi, sont élus Primati del Regno, primats du Royaume.

II. Une junte de douze membres, Giunta di Dodeci, avec les primats à leur tête, est l'autorité suprême de la nation.

III. Un office de la Guerre, Ufficio (ou Uffiziu) di Guerra, de six membres, est l'autorité en matière militaire.

IV. Un office de l'Abondance (bureau de prévoyance), Ufficio di Abbondanza, gère l'approvisionnement des populations.

V. L'office des Pères du Commun, Uffzio de'Padri del Comune, composé, lui aussi de six membres, parmi les plus sages et les plus judicieux : "composto dei soggetti più saggi, e discreti". Ils sont chargés de résoudre toutes les questions et d'arbitrer les contestations touchant aux biens communaux.

VI. A la tête de chaque province, un Capo e Commandante, un chef, jugera toutes les causes qui ne relèvent pas du tribunal suprême (Giunta suprema).

VII. Election et nomination d'un secrétaire d'Etat et garde des Sceaux, Secretario di Stato e Guardasigilli.

VIII. Nomination d'un commandant en chef des Armées (Capitano Générale delle armi) et, à la tête de chaque province, d'un lieutenant général (Tenente Générale).

IX. Création d'un office de la Monnaie, Ufficio della Moneta, avec toutes ses prérogatives.

X. Abolition de toutes les lois et statuts établis par les Génois et la République. "Si cancella ogni reliquia del Governo Genovese", on efface toutes traces du gouvernement génois, avec autodafé sur la place publique de toutes les copies de ces lois et statuts, "in segno perpetuo di una totale separazione de'Corsi da i Genovesi e della Corsica da Genova", en gage imprescriptible de l'absolue et éternelle séparation des Corses d'avec les Génois et de la Corse d'avec Gênes. Cet article, qui annonce la rupture définitive de deux peuples et de deux pays est d'une immense signification politique : les Corses viennent de proclamer leur indépendance.

Les cinq derniers articles traitent de l'indépendance des offices et de leurs décisions - qui ne peuvent être contestées que par la junte suprême - , de l'élection d'un auditeur auprès de la junte (Auditore Generale in servigio della Giunta Suprema), du choix des officiers des milices, de celui des chanceliers des offices et de la fixation de leurs tarifs, à observer sous peine de mort.

L'abbé florentin Giovacchino Cambiagi, (T. III, Istoria di Corsica, 1771) et bien d'autres historiens après lui, affirment que cette consulte, au cours de laquelle les participants décident de former un gouvernement républicain, "un Governo Republicano" et durant laquelle sont donnés vingt-deux articles d'un règlement, prélude au code des nouvelles lois, a lieu à Corti, le...

30 janvier 1735. Sept articles donc, qui viennent s'ajouter, toujours selon Cambiagi, au texte fondamental rédigé par le jurisconsulte Costa.

Le premier de ces articles proclame "L'Immaculata Concezione di Maria Vergine", patronne et protectrice du royaume et son effigie, l'emblème de la nation.

Le seizième, précise que la junte donnera un nouveau code (Codice), qui sera publié dans les quinze jours à venir, aux lois duquel devront se soumettre tous les peuples du royaume.

Les autres articles, peu différents de ceux du texte initial, ne changent rien, ni à l'esprit, ni à la lettre de ce texte, "parto dell'intelletto, e della prudenza del signor Costa, sorti de l'intelligence et de la prudence de Costa."

Certains auteurs ont relevé "le caractère précocement démocratique" de ces articles, d'autres en ont modéré la portée, tout en reconnaissant cependant, leur valeur institutionnelle, qui préfigure les "Constitutions" théodorienne et paoline d'un Etat futur.

Ceux de Balagna qui, s'étant laissé séduire par les astuces des Génois, n'ont pas envoyé de représentants à Orezza, se font désarmer par Castineta, Fabiani, Arrighi et Ambrosi.

Giafferri, Giappiconi et Costa prennent la décision de raser non seulement la tour, mais le village de A. Padulella, afin d'ôter aux commissaires génois tout espoir d'y installer une garnison : "Presero i sig. Giafferri, Giappiconi, e Costa, la risoluzione di spiantare, non pure la Torre, ma il borgo tutto della Padulella, per torre ai Commissarj genovesi la speranza, e il comodo di porvi la guarniggione di soldati." Memorie de Costa.

Padulella, lieu fortifié génois, faisait partie du domaine, de l'immense "procoio" d'Ugo Fieschi, l'un des deux commissaires généraux en poste.

Au même moment, une compagnie de cinquante hommes, menée par Pietro Ortali d'Ornetu, est en Tavagna : elle est chargée de protéger les côtes de toute incursion ennemie et de surveiller le fort génois voisin de San Pellegrino.

Les pièves de Tavagna, Casinca, Moriani et Campuloru, soumises alors à l'autorité de Giafferri et de Costa, sont administrées par Giappiconi, capitaine général des "quatre pièves de marine". Un impôt de guerre y est prélevé : deux lires par feu, payables en argent ou en châtaignes, afin de faire parvenir à Livourne une bonne somme d'argent pour acheter des armes et des provisions de guerre, "affine di rimettere buona somma di danaro in Livorno, per haverne armi, e provvigioni da guerra". Memorie, Costa-Luciani.

Des conflits surgissent entre les chefs corses.

Susceptibilités, dissentiments, rivalités engendrent des discordes : "la poca unione, per non dir, la totale discordia fia i Capi e Generale, ripieni di gelosia, d'ambizione, e d'invidia 1'uno contro l'altro". (Costa, Op. cit.)

Elles vont stériliser l'action révolutionnaire corse.

"Il y avait comme deux cours. D'un côté (à Tavagna) se trouvaient Giafferri, Costa et Giabiconi ; de l'autre (à Rustinu-Merusaglia), Paoli, Ambrosi, Arrighi et Fabiani. Aitelli, esprit inquiet et ambitieux, était le mauvais génie de Paoli. Costa, qui avait eu des succès à la Padulella_ voulait mener la révolution comme il conduisait autrefois ses clients dans le silence de son cabinet." Girolami-Cortona.

"Si on n'avait pas donné un pouvoir trop étendu aux trois primats du royaume et prévenu les jalousies ; ou que leurs chefs eussent eu l'esprit plus désintéressé, et vraiment républicain, le nouveau gouvernement aurait prévalu tant les affaires de Gênes étaient désespérées ; mais leur mésintelligence et leur discorde sauvèrent le parti de 1a république ; il y eut plusieurs aspirants pour les mêmes dignités, ces rivaux abandonnèrent la cause commune pour se disputer l'objet de leur ambition." Germanes, T.I, p. 257.

Ce n'est certes pas la première fois que la République, après les avoir divisés, fait se dresser les Corses les uns contre les autres. Tentés par les alléchantes propositions des Génois, ils acceptent, nombreux, qui des patentes de grades, qui le prix du sang.

Carlo Aitelli lève, en Balagna, cinq compagnies pour le compte des Génois.

Ces soldats, des "Oriundi", c'est-à-dire des originaires, natifs du lieu, enrôlés dans des "Compagnies Noires", arrivent à former plus de dix compagnies !

Un notable, beau-frère des généraux L. Giafferi et A. Ceccaldi, se fait l'instigateur du meurtre d'un chef des Nationaux...

D'autres, comme don Marco, de Rustinu, "une patente de capitaine en poche, va par les pièves répandre le venin génois." (S. Costa). Même des proches parents de G. Paoli trahissent et passent du côté de l'ennemi.

"Jamais les divisions n'avaient été aussi grandes parmi les Corses que depuis le moment où la République décide, malgré ses répugnances, de lever des troupes auxiliaires parmi eux." Le Mémorial. La Révolution Corse (Fernand Ettori).

"La Corse et le Monde" Simon Grimaldi.

Histoire chronologique comparée des Origines jusqu'à 1914.

Coll. Edisud 1992.

 

Le 8 Décembre

Fête Nationale des Corses

Le 8 décembre ! l'Immaculée Conception ! quels doux souvenirs pour ceux qui aiment encore leur patrie.

C'est que le 8 décembre était la fête nationale des Corses. Ce jour-là ils étaient vraiment une nation, un royaume. A cause de cette fête, Gènes mit dans ses armoiries la couronne. De tout temps, dans tous les actes officiels ou diplomatiques, la Corse était appelée la Nazione Corsa, il Regno di Corsica. Aussi une belle couronne, chargée de pierreries, et surmontée d'une croix, ornait les armoiries corses de la tête maure.

La joie était dans tous les cœurs... Dans chaque foyer, dans chaque village, on célébrait ce jour-là, la fête de leur céleste Patronne. l'Immaculala Concezione !... On se saluait, les poètes faisaient des sonnets ou des poésies en son honneur. Les jeunes gens chantaient dans les rues, les confréries exécutaient le plus solennellement l'office de la Madone, le curé de la paroisse, à la grand'messe, dans une superbe envolée patriotique, disait à tous, les gloires de cette fête, et offrait à Dieu le sacrifice pour !a gloire.

On célébrait les baptêmes des nouveaux-nés de préférence ce jour-là, pour les dédier à Marie. Le soir, une illumination générale de tous les villages clôturait splendidement la fête de la Nation. Ainsi la Corse entière frémissait de sainte joie aux pieds de celle qui était sa Souveraine et sa Patronne.

Mais, surtout à Corte, dans la capitale, cette fête était grandiose et sublime !...

Là, Paoli, le grand général, entouré des membres du Supremo Consiglio et de tout le gouvernement, escorté de soldats en grande tenue, se rendait à la messe. Là, tout le clergé, parfois le Visiteur Apostolique, avec les moines franciscains et capucins ; là, les représentants de toute la Corse ; là, enfin, tous les Professeurs de l'Université... L'église était richement parée, le grand drapeau national flottait sur l'autel de l'Immaculée ; c'était un spectacle émouvant. A un moment donné, le Recteur de l'Université, le célèbre Père Mariani, montait en chaire. De sa voix majestueuse, il saluait le Général, et toute l'assemblée, puis il faisait son sermon. La théologie, la philosophie ou l'histoire lui prêtaient ses meilleurs arguments à la gloire de Marie. Mais le patriotisme lui mettait sur ses lèvres des accents enflammés : Marie a terrassé la tête du serpent, l'ennemi du genre humain ; Marie nous donnera la force de terrasser nos ennemis, les ravisseurs de notre liberté. Et de ce ton il saisissait son auditoire. II chantait les gloires et les triomphes de Marie, en même temps que les gloires de. la Corse, à Calenzana, à Tenda, à Borgo, à Furiani, à Capraia, etc.

La Messe se continuait en prière, et à la sortie, c'était d'enthousiastes Evviva Maria, qui éclataient de toutes les poitrines. Le soir, au salut, mêmes cérémonies, et, sur le tard, illumination générale de la ville, du palais du gouvernement, du donjon, au milieu de la joie générale.

Le lendemain on partait à la guerre, pour la défense de la Patrie, pleins de confiance en Celle dont on venait de célébrer la fête. Et on sait le reste.

Ainsi célébraient nos ancêtres leur fête Nationale, l'Immaculée Conception, qui a laissé des traces indélébiles dans nos mœurs, et dans les sentiments de notre amour pour la Patrie et pour notre Céleste Patronne.

Petrus.

La République, journal quotidien indépendant. Septième année N°1170

- Dimanche 16 décembre 1900 -

 

Consulte de Corte ou consulte d'Orezza

L'historiographie traditionnelle place à Corte, le 30 janvier 1735, une consulte dont l'importance a été maintes fois soulignée. Véritable " déclaration d'indépendance ", elle instaure une " constitution démocratique ", tout en proclamant l'Immaculée Conception de la Vierge Marie patronne du Royaume et en ordonnant que son effigie figure sur les drapeaux et dans les armes de la Corse. En 1954, P. Lamotte a retrouvé un texte en 22 articles des délibérations de la consulte dont la seule version contemporaine était jusqu'alors une traduction française insérée en janvier 1735 par l'envoyé du roi de France à Gênes, M. de Campredon, dans sa correspondance avec le ministère.

Des doutes cependant pouvaient exister sur l'authenticité de ces textes. Les mémorialistes Rostini et Guelfucci ignorent la consulte de Corte du 30 janvier 1735 et il faut attendre Cambiagi en 1771 pour voir apparaître les 22 articles d'une version assez voisine. Quant à Ambrogio Rossi, il avance, de quatre ans le même texte qu'il attribue à la consulte de Corte de janvier 1731, sans se soucier le moins du monde d'une invraisemblance qui saute pourtant aux yeux. II est fort probable qu'un texte non daté s'est égaré à l'Archivio di Stato de Gênes dans une liasse de 1731, ce qui explique que l'anachronisme se retrouve chez G. Oreste qui, en 1941 a travaillé sur les mêmes sources que Rossi et ne semble pas avoir regardé de plus près que lui.

La publication des mémoires de Sebastiano Costa en 1972 remet en question l'existence même de la consulte de Corte, puisque Costa, témoin et acteur des événements ne connaît que la consulte d'Orezza du 8 janvier 1735. Elle remet également en question le texte traditionnel réduit à 15 articles que le mémorialiste connaît bien pour les avoir rédigés et fait approuver à Orezza. Dans cette version nouvelle disparaissent l'Immaculée Conception, la diète "démocratique " du royaume, le " style pompeux et naïf" (P. Lamotte), la distribution sans retenue des titres d'Illustrissimes, Sérénissimes, Altesses royales etc. et la " constitution " cesse d'être " le fatras " que dénonçait fort justement René Emmanuelli. Si le " pittoresque " y perd, le sérieux y gagne aussi bien dans la rédaction -irréprochable - que dans les structures du gouvernement. Les trois primats, Giafferi, Paoli et Ceccaldi sont assistés d'une Giunta de douze membres qui préfigure le futur Consiglio di Stato de 1735. Sont créés un certain nombre d' d'Uffizii pour les affaires militaires, le ravitaillement, les questions communales, la justice. Il semble donc bien que l'on se trouve en présence du texte véritable de la consulte qu'il faut se résoudre à appeler d'Orezza et à dater du 8 et non du 30 janvier 1735 (date qui, du reste, se trouve également chez Rossi).

Resterait à expliquer l'autre texte, en 22 articles, longtemps donné comme vrai. La question est moins insoluble qu'il ne paraît si l'on songe que toutes les délibérations des consultes donnaient lieu à de nombreuses copies ou prétendues telles qui couraient çà et là entre les mains d'informateurs, d'espions, de propagandistes, dont l'information s'abreuvait à toutes les sources, même les plus douteuses, et dont l'exactitude n'était pas le principal souci.

Le mémorial des Corses : livre 2 (1570-1796) (Soumissions et résistances).

Archives 2 A [code A378(2)].

 

L'arme di a Corsica indipendente

 

Si cumponenu, di a testa di Moru in mezu à un iscudu cu a curona reale sopra e dui giganti marini a dritta è a manca. L'arme di a Corsica funu pupularizate in tuuta l'Auropa di l'epuca da a "Giustificazione della Rivoluzione di Corsica", l'energicu libellu di l'Abbate Don Gregoriu Salvini. Ghjè in la seconda edizione di Corti, quella di 1764 (a prima hè di 1758) ch'elle appariscenu l'arme di a Corsica.

U scudu porta in  lu centru a testa di Moru cun largu fasciu biancu annantu à u fronte annudatu daretu. A curona reale hè supranata da una croce. D'una parte è da l'altra i giganti sò veri mostri mez'anghjuli è mezi tritoni, ale spalancate. Tenenu unu è l'altru in manu una spezia di batarchju. Posanu tramindui . Quellu di dritta pare acciacatu di dulore, quellu di manca piuttostu furiosu. I dui sò incermuliti. Unu è l'altru appoghjanu una manu à l'inquadramentu. Quellu di dritta tene in la manu manca un mazzuleddu di eddara. A vegetazione duv'elli posanu u scudu è i giganti puderia essa anch'ella eddara.

 

Un article de Antoine-Marie Graziani dans le magazine CORSICA

 

 


Dernière mise à jour le 30/XI/2003                              Retour page d'accueil
Par Serge ETIENNE
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